21 SETTEMBRE 10-12 OPEN DAY NEOMAMME E DONNE IN GRAVIDANZA

Baby Blues e depressione post-parto

 

Depistare e prevenire il più possibile i rischi di depressione prima del parto, sostenere e prendersi cura di mamme e neonati dopo il parto, sono compiti molto importanti per la famiglia, per levatrici e doule, ginecologi/he e pediatri/e, medici di famiglia, e per tutto il sistema di servizi sanitari e sociali disseminati sul territorio.

BABY BLUES E DEPRESSIONE POST-PARTO NON SONO LA STESSA COSA

 

I confini fra i vari sintomi e fenomeni non sono veramente netti; in generale si ritiene che il baby-blues si manifesti fra il 3 e il 6 giorno dopo il parto, come una specie di malinconia. Le mamme si sentono di umore variabile, piangono e si irritano facilmente, a volte provano ansia e paura di non farcela. Tuttavia non perdono la capacità di prendersi cura nel neonato, di provare gioia e di dormire abbastanza bene. Dopo alcune settimane il disturbo tende a svanire spontaneamente.

Accade invece, che tra la 4 e la 6 settimana, queste sensazioni possano accentuarsi e si trasformino poi in una vera e propria depressione post-parto. Essa può però manifestarsi anche più tardi. I sintomi specifici più importanti sono: tristezza, perdita d’interesse, di autostima e di energia, incapacità di provare gioia (anedonia), sensi di colpa perché si prova fastidio o ostilità per il neonato ritenuto troppo esigente, pessimismo e senso di incompetenza, difficoltà nel contatto fisico con il neonato e eventualmente  nell’allattamento, disperazione. A questi si aggiungono alcuni dei sintomi depressivi non specifici quali: la difficoltà di attenzione e concentrazione, disturbi del sonno, disturbi dell’appetito, rallentamento psico-motorio, ansia, agitazione, incapacità di prendere decisioni. Possono inoltre manifestarsi anche sintomi somatici: cefalee, vertigini, acufeni, dolori addominali e lombari, nausea e perdita di appetito, stitichezza, dimagrimento.

SENTIRSI INFELICE O DEPRESSA NON È UNA COLPA

 

Accade purtroppo spesso che la madre viva come una colpa personale, le difficoltà legate alla depressione e se ne vergogni perché ritiene di essere “fortunata” avendo già tutto ciò di cui ha bisogno (un bambino sano, un marito premuroso, la sicurezza materiale). Magari era una donna indipendente e sicura di sé, attiva nel lavoro e in ambito sociale, e improvvisamente si sente incapace di assumere il ruolo e i compiti di una madre. Tende quindi a mascherare il più possibile i sintomi della depressione, magari a negarla anche a sé stessa. Non chiede aiuto e salva le apparenze, ad esempio con un eccesso di cure e di protezione ansiosa per il neonato. Il disturbo però si cronicizza come pure la difficoltà e la sofferenza nella relazione di attaccamento fra madre e neonato, con possibili conseguenze per il bambino: disturbi alimentari e digestivi, problemi del sonno e/o del comportamento, sintomi psico-somatici come eczemi e neurodermiti, ecc.

PERCHÈ IL BABY BLUES NON COLPISCE TUTTE LE PUERPERE?

Gli studi dimostrano che in generale l’incidenza dei disturbi depressivi dopo il parto è piuttosto simile in tutti i paesi. Tuttavia il fenomeno potrebbe essere attenuato nelle culture/società dove la famiglia e l’ambiente circostante fanno tutto il possibile per sostenere e proteggere la coppia madre-bambino, per esempio assegnando alla puerpera il solo compito di stare con il neonato e dove l’allattamento al seno su richiesta è favorito al massimo. Nella nostra cultura purtroppo non è sempre così (e forse lo è sempre di meno) per necessità economiche, dispersione delle famiglie e anche perché a volte la maternità è considerata e vissuta come un ostacolo per l’emancipazione e la carriera della donna. Inoltre il processo di adattamento alla nuova vita può rivelarsi più difficile.

 

 

ANTICHE FERITE CHE POSSONO RIAPRIRSI

 

Per la depressione vera e propria, a fare la differenza potrebbe però esserci una predisposizione dovuta a problemi di natura psicologica preesistenti, accentuati da fattori di rischio. Durante la gravidanza, il parto e il puerperio possono, riattivarsi nell’inconscio della donna difficoltà nei rapporti con i propri genitori (anche senza loro colpa), vissuti all’inizio della propria vita o durante l’infanzia.

A volte la mamma si sente disarmata di fronte al pianto insistente del suo neonato perché esso entra in risonanza con il dolore rimosso della propria “bambina interiore”, risvegliandolo

I FATTORI DI RISCHIO

 

Su un terreno psicologico reso forse più fragile sin dall’inizio della vita dalle esperienze vissute nella prima infanzia dalla madre, si innescano a volte fattori di rischio che possono scatenare o accentuare il problema:

  • un evento traumatico come un lutto, la separazione, il licenziamento, ecc.
  • precedenti fasi depressive, nevrosi, scarsa autostima;
  • una relazione coniugale problematica;
  • un parto con un’assistenza spersonalizzante, operativo o cesareo, in cui non ci si è sentite protagoniste e/o seguito da eventuale sindrome da stress postraumatico;
  • un parto seguito da immediata separazione dal neonato, quindi privato delle scariche ormonali fisiologiche predisposte per l’attaccamento madre-bambino (imprinting), che hanno anche un effetto antidepressivo;
  • non essere assistite nel puerperio e nell’inizio dell’allattamento.
  • la solitudine: non essere accompagnate adeguatamente durante tutto il percorso della maternità da partner, famigliari, amiche, levatrici e/o doule;
  • l’isolamento culturale (soprattutto per mamme di origine straniera);
  • condizioni economiche molto difficili;

Questi fattori di rischio possono essere facilmente individuati dalle persone e dai servizi che seguono la futura mamma o la puerpera (medici di famiglia, ginecologi, levatrici, pediatri, infermiere e consultori pediatrici, ecc.) .

COSA POTREBBE FARE LA MAMMA PER PROTEGGERSI?

 

Per ridurre i fattori di rischio legati al parto, è utile informarsi sulla fisiologia di gravidanza, parto e puerperio per poter scegliere, in modo consapevole e secondo i propri desideri, dove, come e con chi partorire. Vivere la gravidanza nel modo più gioioso e sereno possibile, curare il contatto e la comunicazione con il bambino che si porta in grembo, farsi accompagnare durante tutto il percorso da persone di fiducia empatiche e rassicuranti come levatrici e/o doule, condividere le proprie emozioni e paure, sono tutte forme di prevenzione. Per aumentare l’autostima e anche la produzione di ormoni che hanno effetti antidepressivi, serve rimanere protagoniste del proprio parto e rimanere a stretto contatto fisico con il neonato nelle prime ore. Serve inoltre far rispettare la massima intimità anche dopo il parto affinché possano fluire liberamente le emozioni e, se necessario, anche le lacrime, che potrebbero curare come un balsamo le antiche ferite della mamma e del papà in un momento particolarmente sensibile sul piano neuro-psicologico.

Se compaiono i sintomi del baby-blues conviene continuare comunque ad allattare perché gli ormoni dell’allattamento sono antidepressivi naturali e servono anche a compensare il calo ormonale dovuto alla perdita della placenta. Se per motivi indipendenti dalla propria volontà, il parto e il primo contatto con il neonato non sono andati come la mamma li aveva immaginati, è possibile farsi aiutare per rielaborare l’esperienza e liberarsi da eventuali sensi di colpa o di inadeguatezza.

Rompere il silenzio, parlare del proprio disagio con persone di fiducia, condividere l’esperienza con gruppi di mamme che hanno lo stesso problema (magari anche sulla rete) contribuisce a dare sollievo e individuare percorsi di autoguarigione.

Ma se nelle prime settimane dopo il parto il contatto con il bambino sembra davvero difficile, se alla mamma pare di non essere all’altezza del compito, se prova sentimenti ambivalenti o si sente sola, è importante, per il proprio bene e per quello del bambino, che cerchi sostegno e aiuto da persone competenti e specializzate.

 

 

 

APPROFONDIMENTI

 

Articolo di di Marisa Laura Corgiolu Tristezza, per favore va via A volte il “lieto” evento può diventare triste: cosa sono il baby blues e la depressione post parto.

Articolo di Verena Schmid, direttrice della Scuola Elementale di Arte Ostetrica di Firenze Depressione post partum, cosa può fare l’ostetrica

Articolo di Emanuela Cioccolanti pubblicato su Genitori Channel Depressione post partum e importanza del papà

 

VOLANTINO_Baby blues